Le fantasie dello zio

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Le fantasie dello zio
“Chissà cosa stavi sognando? Secondo me stavi facendo un sogno erotico”? Aveva chiesto lo zio ridendo.
“Perché? Da dove si capiva”? Avevo risposto preoccupata.
“Ecco vedi senza volerlo hai confermato che stavi facendo un sogno erotico. Chissà chi era il fortunato”.
“Già! Chissa”? Avevo risposto. Non potevo certo dirgli che stavo sognando proprio di lui.
Ma ripensandoci, perché dovevo tacere?
“E se ti dicessi che stavo sognando di te? In fondo è con te che sto trascorrendo questi giorni di vacanza. È con te che sto facendo i giochini erotici. Mi piace farli, mi eccitano e perché so che ti sai fermare al momento giusto senza andare oltre. Diversamente non sarei così disponibile ad assecondare le tue fantasie”. Avevo continuato.
“A chi lo dici, sto vivendo per te in questi giorni. Ti sogno, ti desidero, sei bella, hai una sensualità tutta tua. Difficile starti vicino e non pensarci. So che mi devo fermare e mi fermo. Ma dai racconta, tanto io e te parliamo liberamente, cosa stavi sognando”? Aveva chiesto lo zio.
“Dai zio, mi vergogno”? Facendo la timida, ma in realtà non vedevo l’ora di dirglielo.
“Dai Laura, non fare la timida, racconta. Fammi impazzire ancora di più. Aumenta ancora il mio supplizio”.
“Se ti dovessi raccontare cosa stavo sognando, stai attento, rischi che ti esce dal costume. Già fa fatica a starci dentro così”. Avevo risposto con lo sguardo volutamente posato sul suo pisellone.
“Dai racconta ti prego”. Insisteva lo zio.
“Dai zio che ti devo dire! Sognavo il tuo pisellone sulla mia passerotta. Diciamo che me la pennellavi tutta e ogni tanto inzuppavi il pennello per ricaricarlo”! Avevo risposto.
“Ma dove eravamo”? Aveva chiesto.
“A fare il bagno qui al mare”
“Dai andiamo a fare il bagno”! Aveva subito proposto lo zio.
“No, non mi va”. Avevo replicato decisa, ma poi rendendomi conto che ero stata forse fin troppo decisa, avevo continuato. “Poi c’è un sacco di gente, oltre che è scomodo in acqua”.
“Hai voglia di giocherellare eroticamente con me? Dai andiamo a casa, saremo soli fino a tardo pomeriggio. Non sarebbe male, che ne dici”? Aveva proposto lo zio, coprendosi con l’asciugamano il pisellone ormai non più contenuto dal costume.
Ero eccitatissima anch’io, avevo voglia di toccarmi, voglia in qualche modo di fantasticare con quel pisellone che da qualche giorno era un pensiero fisso nella mia mente.
Non avevo mai visto una persona vestirsi così velocemente come aveva fatto lo zio quando gli avevo detto che mi andava bene. Dopo neppure un quarto d’ora eravamo già a casa.
Nel viaggio in scooter la mia voglia aumentava. Sembrava come quando ti prendeva quella voglia di masturbarti e non vedevi l’ora di restare da sola per poterlo fare.
Una volta a casa, superato il disagio iniziale, lo zio si era sdraiato sul letto, della mia cameretta, indossando solo il costume.
Mi ero messa a cavalcioni su di lui indossando ancora il copricostume.
Non avevamo ancora avuto un contatto così ravvicinato. Lo zio, dopo un paio di strofinamenti, aveva scoperto il suo pisellone abbassandosi il costume, in effetti guardandolo e sentirlo così da vicino era veramente una cosa enorme.
Non mi ero tolta il copricostume, lo utilizzavo per coprire il pisello dello zio, mi faceva in qualche modo stare meglio.
Era stato lui a togliermelo, alzandolo e scoprendomi il seno, visto che non indossavo la parte superiore del costume.
Mi accarezzava i capezzoli, i miei interruttori li chiamavo io, mi stringeva il seno che spariva dentro quelle mani giganti ma molto delicate.
Sentivo le sue mani per la prima volta su di me. C’era da impazzire mentre io continuavo a strusciarmi la fighetta sul suo pisellone.
Sentivo le mani dello zio scendere sui miei fianchi per slacciare i laccetti laterali del mio costume. Indossavo ancora, per modo di dire, il costume che con laccetti laterali slacciati era praticamente come non averlo. La fighetta era ben in vista. Il contrasto dell’abbronzatura ne risaltava maggiormente la sua veduta, solo il lembo inferiore del costume divideva il contatto diretto delle sue labbra con il pisellone dello zio.
Era stato lo zio a togliere quel lembo di stoffa, ultima difesa della fighetta, facendomi alzare leggermente.
Continuavo a strusciarmi sul pisellone dello zio in tutta la sua lunghezza. Le labbra della mia fighetta lo avvolgevano sentendo tutte le sue nervature.
Avevamo continuato così per qualche minuto senza però raggiungere l’orgasmo.
Mi ero lasciata andare oltre i miei parametri. Non riuscivo a resistere allo zio.
Avevo però avuto un attimo di ragione, quanto era bastato a staccarmi ed allontanarmi.
Mi ero messa sdraiata sul letto a pancia in giù voltando le spalle allo zio.
I miei pensieri volavano alti. “Laura, cosa stai facendo?”, mi chiedevo.
Ero confusa ma desideravo lo zio. La trasgressione che c’era in me mi spingeva a lasciarmi andare ma la razionalità e la consapevolezza che stavo sbagliando mi frenava.
Lo zio invece non si era fermato, si era messo a cavalcioni dietro di me e stavolta era lui a strisciarsi con il pisellone cercando di entrare tra le mie gambe.
Non mi sentivo sicura in quella posizione e mi ero voltata a pancia in su sempre restando tra le gambe dello zio.
Lo guardavo mentre con la cappella del pisellone si strusciava sulla fighetta.
Le mie resistenze erano al limite e sempre più fievole.
Ero al limite, le mie gambe non erano più così tese. Si erano leggermente divaricate, quanto bastava alla cappella di strusciarsi contro le labbra di una fighetta strabagnata.
Eravamo rimasti in silenzio fino a quel momento. Era stato lo zio ad interromperlo dicendo:
“Lo senti il pennello come imbianca” mentre lo strusciava tra le mie gambe.
“Ecco dai, inzuppiamolo un pochino” diceva, mentre con la cappella si appoggiava al buchetto.
Non entrava, lo appoggiava solo e continuava il suo movimento strusciamento. Ma ogni volta che cercava di “inzupparlo”si appoggiava sempre con più forza sul buchetto.
Difficile resistere da parte mia ed anche da parte sua, ma cercavamo di farlo.
Ormai si aspettava l’inzuppamento dopo la pennellata sulle labbra. Un inzuppamento sempre più lungo e sempre con più spinta ma senza mai affondare.
I miei ed i suoi sospiri erano sempre più affannosi sopratutto in quel momento.
Anche da parte mia, in quel momento, spingevo leggermente verso di lui.
Attendevo sempre più vogliosamente quel momento. Sentivo il pisellone che scendeva e saliva su tutto il mio spacco. Una volta arrivato sul buchetto si fermava. Un movimento rotatorio sempre più lungo che gli faceva guadagnare ogni volta qualche millimetro in profondità, aiutato anche dalle mie contrazioni verso l’alto.
“Ma zio che fai? Spingi?” Avevo gridato dopo un inzuppamento più profondo.

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Laura

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