LUCA E LA NOSTRA AMICIZIA

LUCA E LA NOSTRA AMICIZIA
Credo che tutto abbia avuto inizio con quelle foto. Giacomo, il mio migliore amico, le aveva portate con sé un pomeriggio. Si era arrampicato sul pergolato fino alla mia stanza e mi trovò intento a smistare alcune delle mie vecchie cose. Cercavo di decidere cosa tenere o buttare via perché mio padre sosteneva che avessi troppi suppellettili in camera.

Era una di quelle giornate afose del sud, c’erano più di trenta gradi e il sudore era una costante. Completamente fradicio, me ne stavo seduto sul pavimento a gambe incrociate con indosso solo un paio di pantaloncini e lo s**tolone che aveva lasciato mio padre pieno a metà. Avevo appena compiuto sedici anni, ero alto giusto un metro e settanta, con i capelli biondi e gli occhi azzurri e di costituzione magra. Non avevo un pelo sul corpo, a parte un velo sopra il cazzo, e andavo segretamente fiero del mio culo, liscio e rotondo, che sembrava piacesse davvero schiaffeggiare ai miei due fratelli più grandi.

Vivevo con mio padre e i miei due fratelli maggiori, Matteo e Luigi. Matteo, ero quello di mezzo, diciotto anni, al penultimo anno delle superiori. Non faceva sport eppure aveva il corpo di un atleta. Luigi, il più grande, aveva compiuto da poco diciannove anni, fresco di diploma. Lui era lo sportivo della famiglia, calcio, nuoto e corsa, aveva trofei per ognuno. Non voleva andare all’università, quindi si era trovato lavoro come magazziniere.

Progettava di prendere una qualifica professionale, ma non aveva ancora iniziato i corsi. Luigi era alto più di un metro e novanta, proprio come nostro padre; era biondo, come me e la mamma e tutti gli sport che praticava gli avevano forgiato un corpo spettacolare. Ogni ragazza della città sembrava corrergli dietro.

Matteo, invece, era stato il più fortunato, almeno dal mio punto di vista. Aveva i capelli corvini e il petto ricoperto di pelo scuro come nostro padre. Infatti, in un certo senso, erano praticamente identici, solo che Matteo stava ancora crescendo. Ogni tanto mi era capitato di sbirciare nostro padre nudo, dunque sapevo che era particolarmente dotato e così era per Matteo. Erano entrambi muscolosi, con il ventre piatto e le cosce possenti che tendevano la stoffa dei pantaloncini. E dal rigonfiamento e le fugaci occhiate che avevo dato al suo cazzo, sapevo che era messo bene quanto nostro padre. Un vero stallone. Lui non era appassionato di sport, ma di auto. Tanto da averne ricostruito una tutta sua, con solo un poco di aiuto da parte di nostro padre e Luigi.

Matteo frequentava amicizie pericolose – qualcuno sarebbe finito sicuramente in prigione – ma comunque non era saggio scherzare con nessuno tra loro. Anche Luigi qualche volta era uscito con loro, ma preferiva di gran lunga passare il suo tempo in compagnia delle ragazze, soprattutto con quelle che “strillano”, come diceva sempre. Neanche lui era a corto di attrezzatura da monta, una sera lo avevo sorpreso con una delle sue signore al parcheggio del vecchio sugherificio. Sentendo i gemiti, ero strisciato lungo il muretto di cinta dove sapevo esserci un buco nel cemento e avevo visto mio fratello scopare quella ragazza contro il cofano dell’auto. La prendeva da dietro, con una mano infilata fra i suoi capelli per tenerle sollevata la testa. Per tutto il tempo fissai rapito il suo grosso cazzo scorrere dentro e fuori da lei, facendola gemere e dimenare per il piacere.

Io invece più che altro passavo il tempo a leggere. Non come un vero secchione o un emarginato, solo che non ero molto sportivo e non mi piacevano le auto. Avevo tutti i vantaggi e gli svantaggi dell’essere il più piccolo in famiglia. Lo svantaggio era che non sarei mai stato come i miei fratelli maggiori, tantomeno nostro padre. D’altra parte il vantaggio principale era essere il moccioso viziato da tutti. Certo nostro padre mi teneva in riga, ma i miei fratelli maggiori mi trattavano con i guanti e impedivano a chiunque di prendersela troppo con me, o almeno chiunque a parte loro stessi. Sembrava che apprezzassero sul serio darmi pacche sul sedere, specialmente ogni volta che uscivo nudo dalla doccia, o quando i loro amici erano nei paraggi e nostro padre non c’era. A me comunque non dispiaceva affatto, i miei fratelli e loro amici per me erano semplicemente spettacolari, quelli che chiunque avrebbe voluto essere, e per questo accettavo che a volte ci andassero giù pesante con me.

Quando a dodici anni realizzai di essere attratto da uomini, ragazzi e maschi in generale capii anche che c’era qualcosa di diverso in me. Ero orgoglioso se un ragazzo mi guardava e desiderava toccarmi per qualunque motivo. Mi piaceva, ma nascosi la mia indole, anche se desideravo ardentemente fare qualcosa al riguardo. E infatti riuscii a trattenermi, almeno fino a che Giacomo non portò quelle foto.

Ero seduto sul pavimento, quando sentii il fruscio della finestra e vidi Giacomo saltare giù dal davanzale.

«Ciao Luca, che fai?» Disse.

«Sto gettando via alcune di queste vecchie cose, papà dice che devo rimettere a posto la mia camera e comunque sono troppo grande per la maggior parte di questa roba.»

Scivolò accanto a me sul pavimento e fece un fischio. «Accidenti, non sapevo che avessi tanta roba!»

Mi strinsi nelle spalle. «La maggior parte era dei miei fratelli, alcune cose invece me le ha regalate lo zio Carlo.» Quando pronunciai il nome di mio zio un brivido mi percorse la schiena, al ricordo dell’ultima volta che ero stato a casa sua.

Giacomo sorrise. «Beh, prima di buttare via qualsiasi cosa lasciami dare un’occhiata. Va bene?»

Annuii e restammo sul pavimento fino a che non terminai di sistemare la maggior parte della mia roba nello s**tolone. Lui mise da parte alcune cose, poi frugandosi in tasca disse: «Ehi, ho qualcosa di sensazionale da mostrarti, ti va?»

«Certo che sì,»

Il suo sorriso si allargò di anticipazione. «Andiamo sul letto.»

Ci sistemammo sul mio lettone, lui da un lato e io dall’altro, e intanto si sfilò qualcosa dalla tasca. Erano riviste, le divise tra noi e io mi ritrovai a trattenere il fiato, avevo già capito che erano pornografiche.

Ne presi una che mostrava una ragazza con i seni enormi intenta a succhiare i cazzi di due uomini e poi farsi scopare in diverse posizioni intorno a una piscina.

Iniziai a toccarmi da sopra i pantaloncini mentre fissavo i grossi cazzi con cui stava giocando e poi spinti dentro di lei.

«Amico, è così eccitante! Non ti piacerebbe mettere il tuo cazzo nella figa di quella pollastrella e scopartela per bene?»

Borbottai qualcosa senza senso mentre lui continuava a sfogliare la sua rivista. Poi poggiai sul letto la mia e iniziai a frugare nel mucchietto fino a trovarne una con un uomo nudo sulla copertina, in realtà due uomini mezzi nudi. Mentre Giacomo era preso dalla sua rivista lessi il titolo sulla copertina, GM!

Alzai lo sguardo su Giacomo, mi dava le spalle ma riuscivo a scorgerne il movimento della mano mentre fissava una foto concentrato. Svelto nascosi la rivista sotto il cuscino, senza mai smettere di guardarlo. Il suo braccio ora si muoveva più rapido. «Che fai?» Gli chiesi sporgendomi verso di lui.

Sembrava un cervo sorpreso dai fari di un’auto. «Scusa amico, Non posso farci niente!» Ansimò. «Sono troppo eccitato!»

Aveva una mano dentro i pantaloni e un evidente erezione. Scoppiai a ridere. «Vai in bagno, pervertito!» E continuai a ridere sempre più forte mentre lui correva verso il bagno in fondo al corridoio.

Mi distesi sul letto, e mentre ascoltavo i suoi gemiti soffocati iniziai a sfiorare distrattamente con il dito l’immagine di un ragazzo che se lo faceva succhiare. Abbassai lo sguardo sulla foto e mi resi conto che ero andato ad accarezzare proprio il grosso cazzo. Sentii Giacomo sussultare e lamentarsi più forte, poi il suono della carta igienica strappata. Ridacchiai immaginando che fosse appena venuto e perché nella fretta non aveva neppure chiuso la porta.

Qualche secondo dopo Giacomo tornò nella mia stanza con un sorriso soddisfatto stampato in volto, anche se era arrossito. E un attimo dopo squillò il telefono. Era sua madre e gliela passai subito.

Giacomo si accigliò e chiuse la conversazione molto in fretta.

«Domani andrò a stare dai nonni per un mese con i miei genitori.» Disse, facendosi scuro in viso appena messo giù il telefono.

«Credevo che saremmo andati in piscina,»

Iniziò a raccogliere le riviste sparse sul mio letto. «Non posso, amico, mi dispiace.» Se non lo avessi conosciuto tanto bene avrei detto che stesse quasi per mettersi a piangere, sembrava davvero dispiaciuto. «L’estate è rovinata.» Disse abbassando lo sguardo.

«Potresti chiedergli di lasciarti qui. Fai chiamare mio padre dai tuoi genitori, che ne dici?»

Giacomo si strinse nelle spalle, sconsolato. «Ci ho già provato, mia madre non mi ha neppure lasciato finire e ha detto di no.»

Non c’era molto che potessimo fare a riguardo.

Per qualche minuto ci guardammo l’un l’altro senza sapere bene cosa dire. Fui io a rompere il silenzio per primo. «Beh, immagino che allora non ci vedremo per un po’.»

«Quando tornerò ci divertiremo, vedrai!» Disse lui accennando un sorriso.

Non ci abbracciammo, da buoni amici ci salutammo con una sorta di pacca sulla spalla e rimasi a guardarlo sgusciare fuori dalla finestra e allontanarsi lungo la strada con le riviste pornografiche malcelate nei pantaloni. Si voltò persino a salutarmi poco prima di svoltare l’angolo.

Era triste vederlo andare via in quel modo, così all’improvviso, Giacomo era il mio unico vero amico.

Tornai a letto giù di morale ma appena poggiata la testa sul cuscino ricordai subito il tesoro che vi avevo nascosto sotto. Lo tirai fuori e trasognato ne fissai la copertina. C’erano un uomo muscoloso con il petto ricoperto di peli, in piedi e con le mani sui fianchi, mentre un giovane dai capelli biondi era inginocchiato di fronte a lui, con il viso all’altezza del cavallo dei suoi jeans.

Iniziai a sfogliare la rivista, immergendomi completamente in quello che facevano i ragazzi. La sequenza di fotografie iniziava con il giovane biondo che camminava lungo il marciapiede e una macchina sportiva rossa che gli si accostava. Nella didascalia lessi che gli veniva chiesto se volesse fare un giro e lui dopo una certa esitazione acconsentì.

Nelle foto successive il biondino si stava denudando in un ampio soggiorno davanti a due ragazzi muscolosi che a loro volta avevano appena iniziato a spogliarsi, i loro cazzi duri spingevano prepotentemente contro gli slip. Nella prossima serie di s**tti, il ragazzo era in ginocchio e si alternava a succhiare prima un grosso cazzo e poi l’altro, mentre i due stalloni gli premevano sulla nuca e le spalle, incoraggiandolo ad ingoiare più a fondo. Mi eccitai solo leggendo di come si rivolgevano a lui, chiamandolo frocetto e succhiacazzi, e anche il mio cazzo iniziò a indurirsi. Mi concentrai sulle enormi aste dei due, sembravano troppo grandi per la bocca del biondino, ma lui riusciva comunque a prenderne ogni centimetro.

Poi, uno degli uomini, tirò indietro il ragazzo lasciando solo la cappella appoggiata sulla sua lingua e nella foto successiva gli aveva riempito la bocca di sperma. Quasi gemetti, avrei potuto farlo anche io? Che sapore avrebbe avuto? Mi chiesi, stringendomi nelle coperte con il cazzo che mi pulsava freneticamente ancora stretto nei pantaloncini. Proprio in quel momento sentii l’auto di Matteo entrare nel vialetto e rapidamente nascosi la rivista nell’unico posto che conoscevo in cui ne lui ne Luigi avrebbero mai cercato. Con il cuore in gola, cercai di calmarmi ma i miei pensieri tornavano sempre al grosso cazzo che riempiva di sperma la bocca spalancata del biondino, più e più volte. Afferrai un libro dal comodino e iniziai a leggere sdraiato sullo stomaco, sentendo Matteo salire le scale due gradini per volta.

«Ehi, bel culetto! Che fai?» Chiese allegro, affacciandosi alla porta.

Entrò in camera mia e sedendosi sul letto mi schiaffeggiò il sedere, proprio come faceva sempre. Afferrò il mio libro e storse il naso. «Un altro libro? Accidenti, Luca quando hai intenzione di iniziare ad uscire e divertirti un po’?»

Gli ripresi il libro dalle mani. «Certe persone usano l’immaginazione, Teo! Mi diverto a leggere e ora lasciami in pace, per favore!»

Lui fece spallucce e mi arruffò i capelli. «Certo fratellino, è come dici tu!» Poi sollevò il braccio e si annusò, aveva una grossa macchia di sudore sulla maglietta. «Puzzo come un maiale!» Disse ridendo. «Meglio correre a farmi una doccia prima che papà torni a casa.»

Lo colpii sul braccio che teneva vicino a me. «Oh, puzzi! Sta lontano da me!»

Inarcò le sopracciglia e un attimo dopo si avventò su di me ridendo, premendo la sua ascella sudata sulla mia faccia. «Ecco qui piccoletto, ora senti com’è l’odore di un vero uomo!»

Cercai di allontanarlo, ma era molto più forte e a dire il vero in fondo mi piaceva quella situazione, il suo odore e il fatto che fosse praticamente disteso su di me mi eccitava. In ogni caso, alla fine sgusciai da lì sotto e scappai alla finestra mentre lui si preparava ad inseguirmi, chiudendo le mie vie di fuga.

«Ehi, ragazzi, siete di sopra?» La voce ci fece girare entrambi verso la porta, era Luigi.

«Si, siamo qui!» Gli rispose Matteo ad alta voce. «Che succede?»

Sentii Luigi salire rumorosamente le scale e qualche secondo dopo comparve alla mia porta. «Ha chiamato papà, andremo dallo zio Carlo per il fine settimana, e ci vuole pronti entro un’ora.»

Luigi fece un passo nella mia stanza mentre Teo gli sfrecciava accanto diretto in bagno e gridando: «Primo a fare la doccia!»

Luigi rise e poi mi guardò scuotendo la testa. «Sempre il solito, eh?» Disse accennando col capo in direzione di Teo. «Dai, ti va di fare la doccia insieme?»

Annui subito, entusiasta. Facevo la doccia insieme ai miei fratelli, e con mio padre, fin da quando ho ricordi e questo è anche il motivo per cui conoscevo tanto bene i loro corpi, i loro cazzi e tutto il resto. Andammo nel bagno più grande, in camera di nostro padre, mi levai i pantaloncini e lui si tolse la divisa da lavoro mentre io entravo nella doccia spaziosa. Cercai di stare calmo, ma ero emozionato, amavo fare la doccia insieme ai miei fratelli e anche a loro piaceva farla con me, anche se ormai eravamo grandi. Qualche volta avevano persino litigato per chi dei due avrebbe dovuto farla con me e anche questo mi piaceva perché in quei casi, tra i due litiganti, alla fine avrei fatto la doccia con mio padre.

Regolai la temperatura come piaceva a Luigi e rimasi a guardarlo mentre finiva di spogliarsi, meravigliandomi ancora una volta di quanto fosse diventato virile il suo corpo. Sotto l’acqua, continuai a rubare occhiate mentre si insaponava e lo aiutai a lavarsi la schiena sempre attento a controllare la mia erezione che minacciava di levarsi per tutto il tempo. Alla fine ci asciugammo a vicenda e lui mi colpì sul sedere nudo. «Adesso porta questo bel culo in camera tua e vestiti prima che qualcuno ti violenti!» Mi disse ridendo.

Ridacchiai e corsi nella mia stanza.

Mentre mi vestivo pensai allo zio Carlo. L’ultima volta che eravamo stati a casa sua, nel fine settimana del primo di maggio, era successa una cosa incredibile. Avevo visto il suo grosso cazzo in tiro. Ci avevo pensato spesso, e adesso, dopo aver visto quelle foto, iniziai a chiedermi come sarebbe stato succhiarlo o addirittura assaggiare il suo sperma. Mi leccai le labbra mentre ripensavo a come era successo…

…Quel sabato arrivammo presto, e dopo il clamore dei saluti ben presto mi ritrovai a fissare lo zio Carlo. Indossava solo un paio di pantaloncini e dal modo in cui si muoveva il rigonfiamento all’altezza del suo inguine avrei potuto giurare che non avesse la biancheria lì sotto. Era un poì di tempo ormai che davo un’occhiata laggiù ad ogni ragazzo mi trovassi davanti. Poi, dopo cena, mio padre, i miei fratelli, i cugini e la zia iniziarono una qualche partita a carte e lo zio Carlo andò in giardino a sistemare la griglia. Io lo seguii e parlammo mentre la ripuliva, e per tutto il tempo non feci altro che fissare il suo corpo, soprattutto dalla cinta in giù. Era un uomo magnifico. Un metro e novantacinque, con il petto ampio e possente ricoperto di peli scuri, fianchi stretti, e cosce muscolose fasciate nei pantaloncini corti.

Ero seduto su una sdraio a bordo della piscina, e lui era quasi accanto a me. «Aiutami a sistemare la griglia e gli attrezzi nella casetta Luca, voglio parlarti.» Mi disse una volta finito di ripulire tutto.

Non sapevo di cosa volesse parlare, ma mi alzai e lo seguii a passo svelto attraverso il giardino, verso la casetta in legno oltre la piscina. Fissai i muscoli della schiena e del sedere guizzare mentre camminava davanti a me. Allora spinse la porta e mi invitò ad entrare, e quando lo superai mi diede una pacca sul sedere. «Vedo che hai ancora un bel culetto!»

Ridacchiai. «Credo di sì, e ormai tutti si divertono a colpirmi.»

Lui corrugò la fronte. «Luca, qualcuno ti sta dando fastidio?»

Abbassai il capo e mi morsi il labbro, pentendomi immediatamente delle mie parole, ma lui si avvicinò e mi sollevò il mento fissando il suo sguardo severo sul mio.

«No, io… voglio dire, non mi dà fastidio!»

Sorrise e si appoggiò al tavolo da lavoro allargando le gambe e incrociando le braccia sul petto. «Allora ti piace?» Chiese qualche secondo dopo. «Ti piace quando qualcuno ti colpisce sul sedere?»

Arrossii e abbassai nuovamente lo sguardo spostando il peso da un piede all’altro. «Si, zio.» Dissi alla fine, a bassa voce.

Il suo sorriso si allargò sensibilmente. «Sai, ti ho visto oggi mentre mi fissavi. Proprio qui.» E mentre parlava si afferrò il pacco sfregandolo con le dita. «Ti piace anche guardare fra le mie gambe?»

Mi morsi le labbra, timoroso di dire qualsiasi cosa sotto il suo sguardo penetrante. Dimenticai persino di respirare. «Non so perché, zio, sono confuso, ultimamente non faccio altro che guardare laggiù gli altri ragazzi; a scuola, al supermercato, anche a casa, non posso farne a meno!» Arrossii profondamente e chinai la testa.

«Forse è solo una fase, Luca. A molti ragazzi capita di guardare altri ragazzi e non significa nulla, mentre altri con il tempo capiscono che gli piace davvero e lo fanno per una ragione.»

«Lo fanno per una ragione? Cosa intendi?» Gli chiesi rialzando lo sguardo dal pavimento.

«Perché sono diversi, Luca, sono gay. Hai capito cosa significa, giusto?»

Annuii timidamente. «Quando a un ragazzo piace guardarne un altro!?»

Ridacchiò. «Più o meno,» disse.

Lo fissai confuso e lui proseguì. «Beh, i ragazzi spesso sperimentano tra loro ma per la maggior parte smettono dopo essere stati con una donna. I ragazzi gay invece non escono mai da questa fase, non possono. Continuano ad essere attratti dagli altri ragazzi per tutta la vita. Adesso hai capito?»

Annuii con più convinzione. Non lo disse ad alta voce ma intuii che parlava di sesso. «Non è sbagliato?» Gli chiesi.

Scrollò le spalle. «Chi sa che cosa è “sbagliato”, Luca? Cosa è “normale”? Ci sono cose normali per alcune persone che sono sbagliate per altre. Dipende solo da te!»

«Casa intendi?»

Allargo le gambe e si strinse nuovamente il pacco fra le dita. «Ad esempio, se tu volessi vedere come è fatto il mio cazzo, da vicino, la cosa non mi creerebbe problemi. Ma se tuo padre, i tuoi fratelli o mia moglie o chiunque altro lo venisse a sapere, scoppierebbe il finimondo! Ecco cosa intendo.»

Avevo a malapena ascoltato le sue parole mentre fissavo la sua mano massaggiare il tumulo crescente nei suoi pantaloncini. Lo guardai negli occhi e poi di nuovo all’inguine e poi di nuovo negli occhi.

Lui sorrise. «Allora vuoi vederlo? Toccarlo? O farci tutto quello che vuoi, per me non c’è problema. Non mi dispiacerebbe e anzi credo che apprezzerei vederti in ginocchio a giocare con il mio uccello.»

Pronunciò le ultime parole con voce tanto profonda da lasciarmi senza fiato. Feci qualche passo nella sua direzione, esitante, e sapevo di stare attraversando una linea mentre tendevo la mano verso il bozzo pronunciato nei suoi pantaloni. Fu lui a guidare la mia mano fino al suo ventre piatto e peloso e poi spingerla in basso, facendomi fremere al contatto con la sua pelle calda. Da lì proseguii da solo facendola scivolare sotto la cintura, sentivo i suoi peli ispidi tra le dita.

«Si, Luca, più in basso!» Gemette ad occhi chiusi, tendendosi e stringendo i pugni al bordo del tavolo.

Sfiorai la base della sua asta pulsante con la punta delle dita e mi morsi le labbra, impaziente. Respiravo a fatica, mentre la mia mano ne avvolgeva a malapena la circonferenza.

«Si, gioca con questo bel cazzone, è tutto tuo!» Disse, facendo digrignare i denti.

Non riuscivo più a trattenermi e scivolai in ginocchio tra le sue gambe muscolose, tirai fuori la mano e decisi di tirargli giù i pantaloncini, senza incontrare resistenza da parte sua.

Una volta abbassati, avvicinai nuovamente la mano al suo cazzo, sollevandolo e fissandolo pieno di meraviglia. Erano sicuramente più di venti centimetri, non saprei dirlo con precisione, ma di sicuro iniziai a sbavare solo alla sua vista e per le sensazioni che trasmetteva al contatto della mia mano. La pelle aveva una consistenza vellutata, e sotto era duro come il ferro e caldo, e pulsava mentre lo zio Carlo gemeva stringendo con forza il tavolo di legno.

«Vai avanti, Luca, fai tutto quello che vuoi, fallo!» Disse a denti stretti e tenendo gli occhi chiusi.

Mi feci più vicino mentre una goccia trasparente faceva capolino dalla cappella, rabbrividii inspirando profondamente quell’odore muschiato e avvolgente.

Lo zio Carlo gemette di nuovo e proprio in quel momento sentimmo la zia chiamare, e lui si irrigidì tirandosi su immediatamente i pantaloni. «Merda! Proprio adesso.» Imprecò.

Mi rialzai un po’ scosso. Lui mi guardò negli occhi cingendomi la spalla con un braccio e poggiandomi un dito sulle labbra. «Luca, non puoi dire a nessuno quello che stavamo facendo.»

Alzai lo sguardo su di lui e poggiai una mano sull’evidente rilievo del suo cazzo sotto i pantaloncini. «Certo zio, non lo dirò a nessuno, è solo tra te e me.»

Ridacchiò e chinandosi in avanti mi baciò sulla guancia. «Più tardi te lo farò toccare ancora, se è quello che vuoi, d’accordo?»

Ero elettrizzato al solo pensiero e ansimai. «Si, è così, lo voglio, voglio toccarlo ancora!»

Lui rise più forte e mi diede una pacca sul sedere, «Adesso andiamo, sono sicuro che alla signora servirà qualcosa dal supermercato.»

Tornammo dentro con gli altri e io rimasi poggiato al muro della cucina mentre mia zia spiegava allo zio Carlo che voleva che andasse a comprare del gelato per tutti. Lui mi chiese se volessi accompagnarlo e io risposi di sì con entusiasmo.

Una volta saliti in macchina si slacciò nuovamente i pantaloncini e disse: «Adesso puoi giocarci fino al supermercato e anche al ritorno, se vuoi.»

In risposta feci scivolare una mano sulla sua asta afferrandola alla base.

Lui sorrise e mi diede un buffetto sul braccio. «Così, dai, gioca col mio cazzo mentre andiamo a comprare questo benedetto gelato.»

Arrivammo al piccolo negozio fin troppo presto e lui si sistemò prima di scendere dall’auto. «Resta fermo lì, voglio trovarti così quando ritorno! E slacciati i pantaloni, lascia vedere quel bel culetto al tuo zio preferito.»

Avevo le vertigini, ero spaventato ed eccitato allo stesso tempo. Nel tempo che impiegò ad entrare e uscire dal negozio io mi ero tirato i pantaloncini giù fino alle caviglie. Quando rientrò in auto poggiò il gelato sotto il mio sedile e mentre tornava dritto sentii la sua mano accarezzarmi sul sedere, facendomi rabbrividire.

«Ti piace?»

Respiravo a fatica. «Si zio, da morire!»

Rise forte e avviò l’auto.

Sulla strada del ritorno prese la via più lunga e tenne per tutto il tempo una mano sul mio culo mentre io accarezzavo il suo grosso cazzo.

«Continua così e mi farai venire!» Disse ansimando.

«Vuoi che ti faccia venire qui?» Gli chiesi.

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